Appunti di un tappezziere dalla quarantena

Prodotti che durano di più e che valgono di più: alcune riflessioni su come cambierà il mondo per l’Artigiano dopo la pandemia.

Scritto da Claudio Galeazzi

Mi sono spesso domandato quale qualità rende il nostro lavoro così “speciale”, cosa ci distingue dalla figura dell’Artista o del semplice operaio. Una spiegazione la fornisce Sennet: “La ricompensa emotiva per lo sforzo di raggiungere l’abilità richiesta è duplice: il lavoratore si sente ancorato nella realtà tangibile e può provare orgoglio per il lavoro svolto. Ma la società, oggi come in passato, interferisce in queste gratificazioni. In vari momenti della storia occidentale, l’attività pratica è stata svilita come irrilevante quando non estranea alla realizzazione di fini considerati più nobili. L’abilità tecnica è stata scissa dall’immaginazione, la realtà tangibile è stata screditata dalla religione, l’orgoglio per il proprio lavoro trattato come un lusso. Se l’artigiano è speciale in quanto essere umano che mette un impegno personale nel suo lavoro, le sue aspirazioni e le sue difficoltà rendono visibili a tutti noi questi importanti temi più generali, nel passato e nel presente” (R.Sennet: L’uomo artigiano. Feltrinelli 2008) Quindi l’A. come segmento sociale ed economico specifico integrato nel mondo, nel tessuto sociale, in permanente dialettica coll’offerta di prodotti cheap, resiliente come pochi operatori economici possono essere perché coniuga mano e cervello, fare e pensare, azioni che il modello sociale attuale non consente di riunire e che –invece- nell’artigiano sono –ovviamente- connaturate. Le dimensioni ridotte dei laboratori sono all’origine di una capacità gestionale che necessita di poche risorse economiche e che produce storie intragenerazionali iterative tendenzialmente conservative delle tecniche e delle tradizioni. Queste caratteristiche sono tali da indurre l’artigiano a interpretare il concetto di “crescita” (economica) in un modo assolutamente originale e tendenzialmente antitetico ai canoni mainstream: la crescita per l’artigiano non è tanto l’aumento del guadagno quanto piuttosto la capacita di adattarsi al mercato – quindi “crescita” come “cambiamento”, come permanente “invenzione” di uno specifico fare impresa. L’A. è resistente e ha la capacità di modificare il proprio comportamento in presenza di perturbazioni. Di contro questo pone l’artigiano in una posizione sempre apprezzata e portata ad esempio (pensiamo al testimonial dell’”artigiano della qualità”), ma inesorabilmente periferica e inesorabilmente depressa, tanto che sempre più le catene generazionali si interrompono o inducono i figli a intraprendere vie più commerciali (p.es. tappezzerie che diventano installatori di tende da sole). Bene, il panorama è questo: offerta artigiana sempre più rarefatta in un mercato sempre più incline al prodotto cheap, l’artigiano sempre meno “offerta generalista” e sempre più olimpico Maestro al servizio di una clientela altrettanto olimpica.

Ma c’è un’altra via? Un modo per riportare l’artigianato a un ruolo economico e sociale significativo? Mi chiedo cosa significa per i nostri laboratori questa crisi sanitaria che ci obbliga a una sospensione operativa senza precedenti?

Quale futuro per le nostre attività?
Escludiamo a priori le soluzioni più pessimistiche (attività che non riapriranno mai più: per fallimento economico, ma anche e, temo soprattutto, per fatale stanchezza) e valutiamo con ottimismo le strade che si presenteranno.

Nessuno sa cosa succederà, ma vorrei evidenziare alcuni aspetti che potranno presentarsi nel prossimo scenario e che potrebbero avere un importante impatto sulle nostre attività.

Prodotti che durano di più.
Il cliente riposizionerà il proprio rapporto con la realtà filtrandolo con l’esperienza drammatica dell’epidamia virale e il maggior effetto sarà di una ricomposizione del concetto di “consumo”. Non sarà una evoluzione immediata, ma di un movimento di critica allo stile di vita drogato dal surplus pubblicitario. Due elementi che giocano a favore di questa evoluzione 1) riduzione quantitativa e riqualificazione dell’offerta 2) una domanda di prodotti più durevoli.

Prodotti che valgono di più.
Si manifesterà una nuova percezione dell’uso del tempo, di come lo si usa, un maggior valore delle relazioni contro la competizione sociale, la conquista della capacità di immaginare una vita più semplice, più “vera”, orientata alla realizzazione esistenziale piuttosto che alla bulimia economica. Questo significherà una richiesta di prodotti che “valgono” di più, che siano portatori di significato. Prodotti che abbiano con noi un rapporto ecologico, capaci di offrire benessere.

Se queste considerazioni sono vere, ne consegue che l’artigiano si trova avvantaggiato, infatti:

  1. l’A. è abituato a una economia marginale – la sua organizzazione è finalizzata a fare, non a produrre profitto
  2. l’A. ha un potenziale di storyteller potente, molto spesso sottoutilizzato
  3. il prodotto è caratterizzato da una egregia (se non ottima) qualità dei materiali e di tecnica esecutiva
  4. l’A. ha un ottimo esercizio di relazione diretta col Cliente e, pur essendo l’esecutore materiale, ha dovuto adattarsi a colloquiare con figure professionali “accademiche” (designers, architetti e arredatori) assumendo un linguaggio e delle competenze che, raramente, vengono richieste all’esecutore
  5. l’A. è naturalmente versatile, è il sig.Wolfe del cantiere…. Ha esecizio dell’immaginazione che consente di risolvere problemi e, per concludere……
  6. l’Artigiano è ottimista