Di Orazio Cannisraci – T.A.N.C.A.F. di Cannistraci Salvatore

Nel Cinquecento, la manifattura dei sedili imbottiti era affidata ai sellai, artigiani che ben conoscevano le tecniche per fissare il crine sotto il cuoio delle selle.

Con il passare del tempo, l’uso dell’imbottito si estese anche a schienali e braccioli e nel secolo successivo, la poltrona imbottita comincia a diffondersi in tutta Europa.

Per tutto il Seicento le imbottiture dei sedili rimasero praticamente invariate; realizzate in crine animale o vegetale oppure in lana, erano tenute fisse dalla ricopertura con tessuto o cuoio, inchiodata direttamente alla struttura;

Col fondo della seduta costruito con assi di legno, si otteneva una imbottitura piuttosto rigida, va ricordato comunque che per centinaia d’anni il “sedersi” venne considerato un fatto di convenienza formale, piuttosto che una forma diriposo.

Solo nel momento in cui gli artigiani si raggrupparono in corporazioni, la figura del tappezziere assunse una propria specifica identità.

Attorno al 1730 in Francia si assiste ad un importante innovazione dei “tapissier”, ossia l’invenzione dell’elastique, composto da cinghie incrociate, perpendicolarmente, l’elastique era realizzato con strisce di tessuto resistente quale la canapa, poteva essere inchiodato direttamente alla struttura, oppure teso sopra ad un telaio alloggiato nelsedile.

Per rendere ancora più confortevole le sedute si usò sovrapporre all’elastico, anche un morbidissimo cuscino di piume di volatili.

Successivamente in alcuni modelli di sedie e poltrone si ponevano delle lamelle di acciaio per assicurare una forma di molleggio.

La svolta radicale nell’arte del tappezziere, avvenne nel 1826 quando un tedesco brevettò le molle a compressione cilindriche, biconiche, come dice il nome formati da due coni rovesciati in filo di ferro con le basi larghe in modo da poterle fissare da un lato alle cinghie e dall’altro legandole con cordicelle e ricoprendole con tela pesante su cui veniva steso uno strato di crine animale, o vegetale, rivoluzionando così l’aspetto di divani e poltrone, che sembrarono rispetto a prima, molto gonfiati in quanto le molle per produrre elasticità necessitavano di notevole altezza.

I primi modelli dove vennero usate queste nuove molle, chiamati “confortables” furono presentati per la prima volta “all’Exposition des Produits Francais di Parigi” nel 1834.

Con l’esperienza negli anni a seguire, usando le giuste altezze, si perfezionò l’uso di queste lavorazioni, si cominciò a sperimentare e valorizzare l’aspetto della comodità piuttosto che quello della sontuosità, cercando di adattare gli schienali alle flessioni della spina dorsale, l’altezza dei sedili venne pensata per seguire la curvatura della coscia e il movimento delle ginocchia, i braccioli diventarono più rientrati per far posto alle vesti femminili, insomma la nostra civiltà occidentale andava alla ricerca del confort, che secondo l’etimologia latina da cui deriva significa “conforto”, ovvero benessere del corpo.

Sfogliando una vecchia rivista del 1850 ci colpisce un senso di sorpresa leggere quanta consapevolezza e quanta cura venivano impiegate per adeguarsi alle esigenze fisiche nel descrivere come doveva essere costruita una sedia:

“ il confort, la comodità e l’adattamento alle molteplici necessità del corpo umano sono i principali fini che bisogna garantire nella costruzione”.

Arriviamo alla prima metà del 900, quando comparvero i primi materiali in lattice naturale, antenati della gommapiuma attuale, nel contempo dai derivati del petrolio si fabbricò il poliuretano, negli anni settanta dalle fibre chimiche vennero prodotte le prime ovatte in poliestere, acrilico e modacrilico, per l’imbottitura, sostituendo man mano, la lana, il cascame di cotone e altri materiali di recupero.
Concludiamo col presente, moltissimi materiali e tecniche di nuova concezione sono presenti sul mercato, pur tuttavia non negandone la validità e l’economicità realizzata dalla notevole riduzione dei tempi di lavorazione, riteniamo (sperando di non sembrare utopisti), il realizzare un imbottito con i materiali e le tecniche di una volta, significa costruire un manufatto di grande pregio, qualità e durata nel tempo quantificabile non in anni ma sicuramente in decenni.